Area Riservata

Il TAR del Lazio ha accolto parzialmente il ricorso presentato da alcuni Consigli dell’Ordine forense contro il regolamento ministeriale che disciplina il conseguimento ed il mantenimento del titolo di Avvocato specialista.

In particolare è stata riconosciuta “l’illegittimità della suddivisione dei settori di specializzazione, che sarebbe intrinsecamente irragionevole e paleserebbe l’assenza di parametri oggettivi di riferimento per l’individuazione degli stessi, … l’illogica esclusione di importanti settori, nonché la disparità tra le discipline civilistiche e quelle amministrative e penali.”.

E’ stato altresì “accolta la censura relativa all’introduzione, in sede regolamentare, del colloquio dinanzi al Consiglio nazionale forense per l’avvocato che intenda conseguire il titolo per comprovata esperienza” e ciò “per genericità, non avendo la disposizione regolamentare chiarito alcunché in ordine al contenuto del colloquio e alle modalità di svolgimento dello stesso.

Il TAR ha invece respinto il ricorso riguardo ai restanti aspetti evidenziati dai COA ricorrenti e in particolare:

– la previsione che fissa in due il numero massimo di specializzazioni conseguibili da ciascun avvocato;

– le previsioni regolamentari che individuano i requisiti per l’ottenimento del titolo e in particolare  l’equiparazione dei corsi di formazione alla pratica forense; la fissazione del numero minimo di quindici incarichi per anno per cinque anni; la previsione secondo cui gli incarichi devono essere rilevanti per “quantità” e non devono riguardare “questioni analoghe”;

– le previsioni in materia di revoca del titolo;

– l’attribuzione di alcune competenze al Consiglio Nazionale Forense;

– l’introduzione di una fattispecie di illecito disciplinare, che ricorre nel caso in cui l’avvocato “spende il titolo di specialista senza averlo conseguito”.

– Il fatto che all’esisto dell’emanazione del regolamento, il cliente – consumatore si troverà a scegliere tra ben sette figure professionali di avvocati, con possibile pericolo di confusione;

– l’illegittimità costituzionale dell’art. 9 della legge n. 247/2012 per violazione dell’art. 3 della Costituzione,

Per una più approfondita analisi, alleghiamo il testo della sentenza.